Il D.Lgs. 111/2017, contenente la disciplina del cinque per mille, all’articolo 3 elenca i soggetti che possono essere iscritti all’istituto, operando una distinzione tra soggetti del terzo settore e associazioni sportive, rispettivamente alle lettere “a” e “f” della norma.
Detto questo, un’altra disposizione contenuta invece nel D.Lgs. 117/2017 (c.d. “Codice del Terzo Settore”), precisamente il suo articolo 5, prevede la possibilità per gli enti del terzo settore di svolgere “in via esclusiva o principale” attività sportiva dilettantistica, rendendo quindi la distinzione delineata dal D.Lgs 111/2017 meno netta.
In tal senso, l’Agenzia delle Entrate con la circolare 18/E/2018 ha chiarito come le associazioni e società sportive dilettantistiche senza fini di lucro possano scegliere se conservare le agevolazioni fiscali ad esse specificamente riservate dalla vigente disciplina oppure, in alternativa, qualora intendano entrare a far parte degli enti del terzo settore, fruire dei benefici fiscali previsti per tali enti del terzo settore, in luogo del regime fiscale specifico riservato alle sportive.
Tralasciando gli aspetti relativi alla mera convenienza in termini di fiscalità di un regime rispetto ad un altro, posto che il trattamento fiscale più vantaggioso nel contesto del terzo settore è quello delle “associazioni di promozione sociale”, ci sono una serie di adempimenti aggiuntivi che dovranno essere presi in considerazione da un’associazione sportiva che intenda adottare il regime del cts.
Innanzitutto, in un’associazione di promozione sociale i soggetti impiegati remunerati non devono superare numericamente il cinquanta per cento dei volontari o il cinque per cento degli associati totali. In un’ordinaria associazione sportiva tale limite non sussiste.
Analogamente, a differenza di un’associazione sportiva, gli enti del terzo settore che generino introiti superiori a 220.000 euro sono tenuti a redigere il bilancio, completo di stato patrimoniale, rendiconto e relazione di missione.
E ancora, quando non iscritti nel registro delle imprese gli enti del terzo settore hanno l’obbligo di depositare il bilancio presso il registro unico nazionale del terzo settore e, nel caso registrino proventi superiori ai 100.000 euro, sono soggetti all’ulteriore onere di pubblicazione annuale e aggiornamento nel proprio sito internet di tutti “gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e di controllo, ai dirigenti nonché agli associati”.
Sempre gli enti del terzo settore, devono assicurare i propri volontari anche per la responsabilità civile verso terzi.
Inoltre, gli enti del terzo settore possono avere l’obbligo dell’organo di controllo, con almeno un componente che abbia i requisiti ex articolo 2397 c.c.. Detto obbligo scatta al superamento di determinate soglie per due anni consecutivi. Le condizioni limite da superare sono, in alternativa:
– 110.000 euro di attivo;
– 220.000 di entrate comunque percepite;
– cinque dipendenti occupati mediamente.
Stante il profilo di grande rilevanza sociale che caratterizza un ente del terzo settore sul piano funzionale, gli stessi enti sono soggetti a controlli atti a verificare la sussistenza e la permanenza dei requisiti per l’iscrizione nel relativo registro unico nazionale, così come del corretto svolgimento delle diverse attività svolte, tanto dal punto di vista degli adempimenti obbligatori quanto da quello dell’utilizzo irreprensibile delle risorse ad essi messe a disposizione. L’elenco completo degli elementi da accertare, così come dei soggetti cui spetta porre in essere suddetti controlli, sono contenuti nell’articolo 93 del cts.
Infine, agli enti del terzo settore non risulta applicabile l’agevolazione disposta all’articolo 90, comma 25, L. 289/2002 in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche, cui spetta la preferenza in caso di assegnazione in gestione di impianti sportivi che abbiano natura pubblica.
Gli aspetti differenziali tra un’associazione sportiva ed un ente del terzo settore sono pertanto molteplici, non appartenenti esclusivamente alla sfera fiscale, e andranno adeguatamente ponderati qualora si intenda valutare la possibilità di operare secondo l’uno o l’altro regime, a seconda delle reali esigenze organizzative dell’ente considerato e dei suoi scopi.
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